Kaart van het Eyland Bali (Valentijn, 1726)

mercoledì 2 marzo 2016

E se avessi trovato il paradiso?


La via per il paradiso richiede un veicolo straordinario. La moto di Mikel, nipote di pak Alfons, detto Ardi, manco a dirlo, è scassata, tenuta assieme da fil di ferro, nastro adesivo e mani del guidatore. I poggiapiedi troppo inclinati, la sella dura e le sospensioni finite rendono precaria e scomoda la vita del trasportato. Che deve, per l’appunto, entrare in uno stato di alterazione psichica per affrontare il lungo tragitto, colmo di ostacoli e insidie.
Il veicolo per il paradiso non ci abbandonerà mai, guidato da mani supremamente abili.
Sono entrato in paradiso dopo la svolta a destra, in fondo alla stradina che esce dal villaggio di Werang, passata la valletta ricolma di alti alberi di kemiri e superato un ultimo dosso.


Il paradiso è in riva al lago di Sano Nggoang, le cui acque cambiano da verde scuro a smeraldo quando il vento sposta le nubi a suo piacimento. Intorno c’è la foresta, con liane, ara, ficus giganti. Ovunque, anche dietro le poche case del villaggio, volano liberi centinaia di uccelli. Sì, ci sono anche case e persone, in paradiso, ma vivono con ritmi arcani, sciolte da ogni tensione.
Hendrik e Maria sono tra questi, in possesso delle chiavi di questo empireo, conservate avvolte nel loro grazioso e luminoso sorriso. Le offrono volentieri al viandante che si avventura fin qui con l’idea di partecipare ad una serenità che non gli appartiene più. Maria e Hendrik ti regalano una porzione di questa realtà e, per un lungo momento di intensa estasi, credi di poter lasciare il paradiso portandola con te per trapiantarla con successo là dove vivi. Ma la piantina quasi sempre muore.
Loro due, incuranti dei tuoi pensieri, usano a piene mani semplicità e sorriso, disponibilità e calore, abilità e saggezza e si presentano così ai tanti ornitologi, ricercatori e semplici viaggianti che si presentano alla loro porta.
Qui in paradiso, la casa di M & H è la più semplice ed accogliente. Hanno deciso di costruirla usando solo legni della foresta e bambù. Qui in paradiso, l’unica grande veranda è quella che corre lungo la facciata della loro casa, alta sulla strada così da arrivare alle calme acque del lago. Sotto la veranda, su sedili e panche massicci che ricordano le forme della foresta, si chiacchiera, si beve il caffè appena tostato e pestato di fresco da Maria, si leggono libri di ornitologia e di architettura. 

In paradiso si dorme su una bassa piattaforma di bambù, rialzata sul pavimento di fango. Si mangia bene, in paradiso, il riso bollito, le verdure e i pezzetti minuscoli di pollo fritto hanno un sapore diverso. Anche il peperoncino, abbondante, ha un sapore diverso. Sarà che in paradiso tutto è così sapido e pungente.
Qui in paradiso c’è un luogo, peraltro un po’ sulfureo, dove ci si lava attingendo acqua termale con tre diverse temperature.

Una serie di beringin di proporzioni colossali sorveglia la riva del lago e offre riparo a intere comunità di formiche, ragni, lucertole, tokay ed uccelli, miriadi di uccelli. Impossibile ricordare tutte le specie incontrate, ma sono molte.


Il krik krik dalla coda a punta e piume giallo arancio verdi. L’inconfondibile richiamo del watik kembang. L’oriola gialla e nera, becco affilato, volatrice irrequieta e inafferrabile. Il giallo grigio verde chiaro del piccolo kacamata wallacea. Il gracchiare lontano del gacak, il corvo di Flores.
Le larghe e nodose fronde del beringin chiamano a gran voce il viandante e lo invitano a sedersi sotto la propria ombra. Se si accetta l’invito, dopo qualche tempo inizia il coro polifonico degli abitanti alati, che incuranti dell’estraneo, riprendono l’intreccio di richiami e avvisi. Il canto fluisce ininterrotto.
Il paradiso è musica, che avvince e allontana.