Kaart van het Eyland Bali (Valentijn, 1726)

martedì 19 marzo 2013

La strega Calon Arang



Una luce rosso sangue getta un manto di magia e mistero attorno alla figura di Calon Arang, la strega maligna che incute ancora terrore tra le migliaia di balinesi assiepati attorno allo spazio allestito per evocarla.

Siamo a Tegallalang, villaggio a nord di Ubud, davanti al Pura Dalem Kahu, il tempio dei morti, l’ultimo giorno di luna piena di novembre, momento propizio per ricordare la storia di una donna che, concessasi alla voluttà delle forze del male attraverso le pratiche di magia nera, getta incantesimi distruttivi sul popolo ma viene infine piegata dalla forza positiva del Barong e dell’unione solidale degli esseri umani.

È l’occasione, offerta dai Banjar Pejengaji e Gagah di Tegallalang, per scrutare nel profondo del dramma di una magia oscura e maligna che cerca di sopraffare la parte buona della società, con gli occhi sapienti e pragmatici della mitologia balinese.  La drammatizzazione di Calonarang al vertice dei suoi poteri magici serve come potente esorcismo, nella speranza che per il resto dell’anno non agisca troppo brutalmente avendo temporaneamente placato il suo appetito di distruzione.

A Bali tutti sanno che la vita è un’eterna lotta tra forze maligne e benigne e che non ci sono veri vincitori, o meglio,che chi ne esce sconfitto non lo è definitivamente. Molto saggiamente, pur nella consapevolezza che il lato buono di noi stessi sia da preferire e nutrire per farlo emergere in ogni occasione, si è consapevoli che la parte peggiore possa essere temporaneamente zittita, ma mai annientata. E bene quindi tentare anche di ingraziarsela e di non stuzzicarla troppo, per limitare, per così dire, i danni.
E infatti gli appartenenti ai Banjar hanno allestito uno spazio evocativo senza badare a spese, con una scenografia imponente ed elaborata, giochi di luci per sottolineare le scene più drammatiche e coinvolgenti. C’è anche spazio concesso alle riprese televisive, con l’intento un po’ narciso di far conoscere a tutta l’isola la propria bravura (e devozione). La strega sarà senz’altro deliziata dall’enorme baldacchino che la ospita lassù, sulla piattaforma più alta, al vertice di una vertiginosa scalinata in bambù, guardata da due formidabili naga. Così potrà dominare tutta la scena e lo spazio davanti al tempio, e le sarà data l’illusione, nel breve tempo della rappresentazione, della propria potenza.

La vicenda, narrata all’interno di questo palcoscenico sontuoso, si dipana tra danze di fanciulle voluttuose e dialoghi di principesse e cortigiani. I più famosi tra essi sono immediatamente riconosciuti dagli astanti e accolti con fragorosi battimani, le loro battute avvolte dall’ilarità generale. E’ il momento in cui il dialogo tra l’attore e la folla si fa più intenso, la comicità dilaga e si parla anche di vicende d’attualità. Ma le battute fulminanti e il contrappunto tra i comici e spettatori o comici e gamelan (irresistibile un improvvisato kecak tra gli orchestrali) divertono la platea e scatenano i commenti sagaci.
Si arriva al primo climax attorno a mezzanotte, ora fatidica, quando un gruppo di adepte del maligno occupa la scena e si agita in modo scomposto e allucinato. Si rappresenta la danza macabra nel cimitero, quando gli incantesimi vendicativi vengono gettati sul regno di Airlangga e i cadaveri vengono smembrati e suddivisi tra gli adepti: stasera sono talmente potenti che una “diavolessa” cade in trance e viene portata via a braccia dagli assistenti del banjar.
Poi, dopo altri lunghi dialoghi tra vari personaggi, che preparano la chiusura del dramma, entra il re che, gonfio d’orgoglio e di spirito guerresco, si avventura con foga su per la scala per affrontare ed uccidere la potente strega. Ma la forza del male è troppo anche per uno spirito regale e basta un gesto svogliato del velo sacro per vincere il povero re ed il suo keris.

Ecco che, in pochi momenti segnati dalla confusione e dal parossismo, si compie la storia. Il re esce ed entra il Barong, essere magico e buffo, quintessenza della potenza salvifica e benevola al servizio dell’umanità. Egli solo può fronteggiare Calonarang e misurarsi alla pari con la sua forza malvagia. La battaglia infuria fino a che anche il Barong ha bisogno d’aiuto per sovrastare la forza del male, ed ecco che in un lampo arriva un manipolo di giovani a torso nudo che,caricati dai vapori d’incenso e imbracciando un keris, si lanciano nel mezzo della lotta. E’ un continuo rincorrersi, giostrare tra affondi e parate, con gli animi che si accendono sempre più e Calonarang che si perde sempre più in una trance parossistica.  Alla fine riesce a sopraffare un giovane assalitore ed altri entrano in trance, rivoltando su di sé il keris con il quale intendevano ucciderla. 

Immediatamente il Barong rientra e mette in fuga la strega, tra le urla spaventate degli spettatori  e i gesti calmi e misurati dei pemangku (i sacerdoti) che aspergono i giovani in trance e riversi a terra, esausti.
Ora, unico padrone della scena, il Barong dispensa il suo fluido salvifico e, con l’aiuto dei sacerdoti, lenisce a poco a poco le ferite della trance indotta dalla strega, finché tutti i giovani guerrieri si riprendono e la cerimonia ha termine.

Gli abitanti del banjar si allontanano soddisfatti, con ancora molta adrenalina in corpo e la sensazione che la cerimonia abbia avuto l’effetto desiderato. Sono certi che l’eco delle trance, delle danze, della musica, dei colori turbinanti rimanga a compiacere la strega a lungo nei mesi a venire, potente esorcismo che stende un velo di tranquillità sulla comunità.

Nessun commento:

Posta un commento