Kaart van het Eyland Bali (Valentijn, 1726)

mercoledì 21 marzo 2012

La notte prima della battaglia



Il giorno prima della Pasola, la grande battaglia rituale di Sumba, la casa di Thomas si riempie di gente. La zona del grande focolare centrale e dei lavori domestici si popola di donne che cucinano, chiacchierano e masticano betel. I maschi se ne stanno seduti davanti, fumano e guardano il vento. La popolazione di bambini s’impenna e mocciosi sporchi e nudi si spingono ovunque tra le verande di bambù e le tombe, pancia gonfia e ombelico sporgente. Giocano, ridono, s’azzuffano. La grande casa, la uma patana, si gode questa rinascita annuale e oggi non è solo il vento che fa cigolare e ondeggiare i grossi tronchi di bambù dei pavimenti, ma piedi a decine che ne calpestano ogni angolo.
L’allineamento del bambù è volutamente imperfetto in modo da favorire la pulizia: tutto deve cadere di sotto, polvere, detriti, ossa di pollo, cartacce, riso sfuggito dal piatto, liquidi, sputi, sbavate rosse di betel. Là sotto, a due metri dal pavimento, vive una comunità di animali che ricicla tutto, polli, maiali, capre, cani.
Il Rato Nyale, bocca vermiglio piena di betel, è l’anziano che sorveglia l’applicazione esatta dei rituali che precedono la Pasola. Oggi si concede fiero alla necessità della foto. S’aggiusta la fascia ai fianchi, si drappeggia la borsa col betel, s’infila il parang al fianco e si mette in posa.
Alcuni giovani, più in là, tolgono le erbacce dalla tomba del nonno. Le tombe sono tutt’intorno alle case, le avvolgono, le cingono in un abbraccio che non è solo necessità ma è l’essenza del rispetto dato alla conoscenza che proviene degli antenati. La vita attuale è possibile solo per il passaggio fluido e ininterrotto della storia parlata, delle risposte a tutte le domande che gli avi hanno già ricavato nei secoli. La casa vivente  dialoga con la “casa morta”, in un intreccio intimo e quotidiano. Si dice che le tombe devono essere costruite sul davanti della casa, così da avere i propri morti a portata di mano.

Due alte pietre di arenaria, parallele come menhir, tratte dalle cave qui vicino in spiaggia, scolpite lievemente con motivi geometrici e corna di bufalo, abbelliscono il loculo di un Rato. Due bimbi fanno correre i loro copertoni lucidi di pioggia con abili tocchi di bastone. Quattro maialini neri, disturbati, schiamazzano via dal sentiero fangoso. Un cavallino baio agita il sonaglio mentre bruca senza pausa l’erba del prato.

La notte del nyale, la notte prima della Pasola, è notte magica. Le famiglie si riuniscono vocianti sotto un solo tetto, alto come il cappello di un mago. Si parla, si cucina, si mangia, si fuma, si spettegola. E’ la notte delle tentazioni, e i giovani s’aggirano irrequieti tra le tombe, occhi che mandano lampi, chi cerca e chi si fa cercare. E’ la notte in cui le coppie si formano, furtive e veloci. E’ la notte dei vincoli saldi e delle storie spezzate.

E’ la notte dei capifamiglia che parlano la lingua dei propri avi, comunicano ai giovani, bimbi, donne, una sapienza che unisce, una conoscenza che rafforza la tradizione e la fa vita concreta. Il vecchio Isaac mi sussurra queste cose e mi spiega quanto forti e necessari sono questi fili che intrecciano e rinsaldano le relazioni personali e quanto orgoglio provano a condividere con l’ospite l’atmosfera feconda di questa nottata.

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