Kaart van het Eyland Bali (Valentijn, 1726)

venerdì 20 novembre 2015

Il rito inurbato

Jalan Oberoi è una delle strade più trafficate di Bali. Attraversa un’area, a ridosso della spiaggia di Seminyak, carica di negozi, ristoranti, hotel, bar e ritrovi notturni. E’ qui che i residenti, con evidente disagio, misurano il grado di affollamento dell’isola, sulla base di quanti turisti e trasporti su ruote transitano ad una cert’ora.


Stamane era il momento dell’attraversamento di una processione balinese, una delle varie cerimonie sacre che seguono la cremazione. E’ stata l’occasione per misurare il grado di adattamento dei riti induisti balinesi all'epoca delle grandi invasioni del turismo di massa e dello sviluppo urbano impetuoso ed irrispettoso.
Una volta si assisteva ad una sfilata di famigli, amici e abitanti del banjar, accompagnata dal suono ritmato di un gamelan itinerante e vestita di paramenti pastello, che attraversava stradine di terra battuta semi-deserte e, in fila indiana, gli stretti passaggi tra le risaie fino a raggiungere, a passo lento e mesto, la riva del mare, per affidare al dio Baruna, iracondo e misterioso, le ceneri del defunto. E questo si vede ancora nelle vaste campagne dell’isola e nei villaggi montani.
Al sud, nella grande area inurbata e greve di presenze visitanti, molto è cambiato, in linea con una sorta di ineluttabile necessità di adattare il rito alla frenesia del tempo moderno.
La cadenza del passo si fa più veloce, consapevoli che si occupa lo spazio asfaltato a motorini, auto, camioncini, biciclette, taxi, minibus, pullman, autoarticolati carichi di mercanzie. Il gamelan detta tempi più rapidi e si procede spediti al suono di una marcetta.
L’alta torre di cartapesta a tetti dispari sovrapposti si inclina rispettosamente all'esigenza delle nuove forche caudine: la miriade di cavi elettrici e telefonici che occupano interamente lo spazio subito sopra la strada. Il fulcro della cerimonia, il simulacro variopinto del morto che altrimenti svetta altezzoso come un cannone puntato verso il cielo, sembra ora monco, reclinato, caduto esso stesso sotto il peso di anarchiche vie elettriche.
La torre piegata, ahimè, non è sufficiente e una nuova leva di aiutanti è nata a Bali, armata di alti bambù con in cima una corta barra trasversa. Sono coloro che alzano i fasci scoordinati di cavi per consentire il passaggio dell’alto catafalco. La nuova specialità necessità una nuova grammatica ed allora ci sono voci di incitamento a sollevare tal cavo, di scherno perché un altro s’è impigliato su un meru. La posizione sociale delle nuove leve è valutata e misurata sull'abilità di far scorrere la processione senza intoppi.  

C’è sempre meno compostezza e mestizia in questi funerali e i famigliari balinesi, costretti dal loro lutto elaborato a percorrere strade aperte per i turisti e non per i propri bisogni, si trovano sempre più spesso a vociare, fermare il traffico, sbracciarsi, agitare lunghe pertiche, schivare turisti distratti e motoristi ritardatari. Forse si sta creando una diversa liturgia, di stampo urbano, adattata alla bolgia cittadina come certi uccelli e mammiferi, che non cedono all'estinzione.

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