Kaart van het Eyland Bali (Valentijn, 1726)

venerdì 26 ottobre 2018

Un mondo d'acque, di pesci e di galli


   Un mondo d’acque, di pesci e di galli. Questo è il Borneo Indonesiano, o Kalimantan, del grande bacino del Sentarum. Un complesso di depressioni collegate fra loro e periodicamente inondate dalle piene del fiume Kapuas e dei suoi tributari. La cadenza pioggia/secco detta le regole di vita da queste parti. Banjir e kemarau, come dicono qui. Con le piogge torrenziali tutto si inonda e l’acqua riporta fiumi, laghi, palafitte e zattere allo stesso livello. Spariscono i fusti di alberi e arbusti, spariscono gli argini dei fiumi e le scalette di legno pericolosamente vertiginose. E’ un mondo immoto, immerso, che si specchia di cielo.

   Ma ora, ora che fa un caldo atroce, che non piove da mesi, tutto sprofonda sotto sei metri di cielo. l’aria è tornata a conquistare uno spazio che l’acqua ha abbandonato e sembra spingerla giù, sempre più giù. 


   Le case e i camminamenti di legno appaiono appollaiati e precari su gracili palafitte. Il mondo dei viventi va conquistato montando su esili passerelle e salendo su per scalette infinite e pericolanti.

   Sono lunghi mesi in cui la natura stessa crea ambienti diversi, quasi opposti. La gente farebbe fatica ad adattarsi ogni volta se non fosse che il collante che lega assieme momenti tanto dissimili è sempre uguale e onnipresente: acqua, pesce, galli.

   L’acqua, pur ritiratasi a magri corsi fangosi, popolati di tronchi e rami, e stretti laghetti assediati dalle piante in piena crescita vegetativa, è sempre la padrona degli spostamenti, della vita delle famiglie. Tutto si svolge a contatto con l’acqua: ci si lava, si gioca, si pulisce la barca o il bucato, si defeca, si pesca, si ammolla il rotan, si annaffia l’orto. 

   E sull’acqua, anche la poca rimasta, ci si sposta con ogni mezzo, pagaiando con fatica o sfrecciando col fuoribordo, come libellule. Sull’acqua arrivano le provviste dalla città e i lenti barconi dei grossisti di pesce e dei venditori di benzina. In barca arrivano funzionari del governo e i pochi viaggiatori che si spingono fin qui, una settantina l’anno. Una buona parte delle attività della comunità si svolgono su pontoni galleggianti, che rendono disponibile spazio in ogni momento dell’anno. Gabinetti, ripostigli, gabbioni per il pesce e pollai. Tutto questo sfila accanto alla nostra barca quando percorre lenta la “strada” principale del villaggio. Un viale d’acqua.

   É l’acqua a fornire la fonte principale di proteine e guadagni: i pesci. Non c’è area del Sentarum che non abbia una trappola per pesci. Le reti di sbarramento percorrono ogni tratto del fiume, dei canali e laghi. 


   Un’intera economia si basa sull’abilità secolare di catturare una delle quasi 300 specie di pesci che vivono in questa enorme area umida. Ogni momento è buono per pescare, anche durante un’escursione con ospiti stranieri. 

   Uomini e donne passano gran parte della loro giornata a catturare pesci, a svuotare nasse, a riparare e riposizionare reti. Giovani donne escono pagaiando sulla piroga, con un amo, una lenza e il bimbo al collo. 


   Perfino gli anziani non smettono e, prima del tramonto, escono in piroga con una cannetta o una lunga fiocina arrugginita, per sentirsi ancora a contatto con l’acqua e i suoi abitanti.

   Infine c’è una componente del "collante" sociale che non passa certo inosservata: i polli. Ogni villaggio, fino alla comunità più piccola e remota, ne è pieno. I pollai, dove sono confinati chiocce e pulcini, sono nel retro delle aree private delle longhouse. Ma la gran parte dei volatili razzola libera sotto l’immensa volta lignea che è il pavimento della casa lunga, o rumah betang. Tutti ruspano assieme, fuggono chioccianti, beccano qualsiasi cosa cada dal pavimento, mimano quel che accade negli spazi comuni sopra le loro teste, dove la socialità umana permea la grande casa. A sera, solo le donne, col loro richiamo personalizzato, mettono ordine nell’anarchico chiocciare e riescono a guidare i propri pennuti alla mangiatoia.



   Poi ci sono i prediletti dei maschi, i galli destinati al combattimento. Questi, veri guerrieri cui il maschio Iban si ispira, hanno colori sgargianti, esibiscono uno spirito marziale e virtù impavide in battaglia. E strepitano forte prima dell’alba, scatenando un coro polifonico che impedisce il sonno.


   Quando la piroga penetra la rete di laghi attraverso stretti canali di acqua nera, la foresta si chiude sopra di noi. A prua, armato di pagaia, Adi fatica a schivare tronchi enormi, residuo di un’epoca di intensa deforestazione tanto che spesso la barca gratta su ceppi e fusti recisi. Adi si volta svelto e mi evita il contatto con un ramo pendente di rotan, irto di spine ricurve. Più in là, lungo passaggi angusti tra i laghi, lunghe foglie di pandano si protendono sull’acqua con i margini seghettati come coltelli da pane. Sembra che il Sentarum ci voglia avvolgere, intrappolare. E solo a fatica, riusciamo a sgusciare via. Resta la sensazione che lunghe braccia ti afferrino e non ti lascino andare.
Un’acuminata e perentoria richiesta di ritornare.

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