Kaart van het Eyland Bali (Valentijn, 1726)

martedì 5 dicembre 2023

Viaggio a Lembata e Lamalera - 1989


27 luglio - Partiamo da Larantuka in barca alle 9 ma montiamo alle 7.45 per prendere i posti migliori. La barca ha due ponti, ci sistemiamo su quello superiore, coperto da un tendone. Cinque minuti dopo la partenza si rompe un tubo dell’olio: veniamo rimorchiati al porto dove attendiamo quasi due ore prima di ripartire col tubo saldato. Viaggio tranquillo, attraverso il lungo canale tra Adonara e Solor. Sosta a Wawerang. Di fronte, sull’isola di Solor, si trova Lamakera, l’unico altro villaggio di pescatori di balene.

Arriviamo a Lewoleba alle 14. Ci sistemiamo al losmen Rejeki dove troviamo due ragazzi francesi: uno e’ stato l’anno scorso a Lamalera per due settimane. Siamo in 7 occidentali. L’alloggio e’ pulito e tranquillo con teh e kopi in abbondanza. 4500 Rp a testa. Ci sono le zanzariere ed il letto matrimoniale. La sera cerchiamo di affittare un mezzo per Lamalera, ma sono scarsissimi. I prezzi richiesti sono alti, non ci decidiamo e la sera passa cosi’.

La cena al losmen e’ abbondante ma a Laura non piace. Dopo cena la passiamo a chiacchierare con Maurizio, l’italiano che si e’ unito a noi da Maumere.

28 luglio - I 4 turisti giavanesi alloggiati al losmen ci fregano la jeep e fanno il giro del vulcano (60000 Rp).

Ci ritroviamo sconsolati davanti al losmen cercando disperatamente un mezzo di trasporto. Di li’ a poco l’inglese, in fretta e furia, fa i bagagli con la sua compagna svizzera e balza su un camion diretto non si sa dove.

Decidiamo di andare al mare e troviamo un pescatore, dietro al losmen tra l'immondizia e le palafitte, che accetta di accompagnarci al pulau pasir, in mezzo alla baia, col suo minuscolo sampan mosso da una vela lacera. Partiamo e io devo svuotare continuamente l’acqua dalla barca con una sessola ricavata da una grossa conchiglia. Il mare sembra grosso ed ho un momento di paura. Poi il guscio prende vento e fila via liscio fino all’isolotto che emerge solo con la bassa marea. Sembra di essere tornati in Tanzania, all’isolotto davanti Dar Es Salaam. Sabbia bianca corallina, conchiglie, formazioni coralline sommerse, pesci. Un lungo vermotto, tridacne, stelle marine.


Troviamo un piccolo anemone con un minuscolo pesce pagliaccio nero e verde fosforescente. Li’ vicino alcuni gamberetti con l’addome in verticale. Arrivano altri pescatori che tirano su una sciabica. Tra i molti pescetti compriamo per 1000 rp 4 sgombri che saranno cucinati la sera al losmen. Il sole e’ micidiale ma per fortuna c'è parecchio vento. Cerchiamo le conchiglie, sopra di noi volano uccelli marini, il vulcano Ile Ape che incombe fuma.

Il ritorno e’ meno angosciante ma Laura, scendendo mette il piede su un riccio di mare. Dolore. Un po’ alla volta riusciamo a tirar via tutti gli aghi. Alla sera tentiamo di nuovo di affittare un mezzo senza riuscirci.

29 luglio - Ci svegliamo decisi a trovare un trasporto per Lamalera. Il figlio dei cinesi padroni di un negozio li’ vicino ci aiuta. Una jeep e’ rotta, quella di un ufficio pubblico e’ rotta! Finalmente troviamo un camion proprietà di un altro cinese, chiede 200000 rp fino a Boto, poi a piedi. Contratto a 175000 fino a Ilulorong, a tre ore di cammino dopo Boto. Torno felice al losmen a dare la buona notizia. Di li’ a mezzora arriva l’autista e ci informa che quel giorno non si può partire, senza fornire spiegazioni. Nemmeno l'intermediazione dell’inglese collezionista di ikat, che alloggia al losmen con noi, riesce a risolvere il problema. Siamo costretti ad aspettare domani. Pensiamo di fare una passeggiata fino a Nawakema, il villaggio piu’ vicino. Altro che passeggiata! Camminiamo per 3 ore e mezza superando un sentiero a tratti molto ripido. Per fortuna spira un vento rinfrescante. Arriviamo al villaggio stremati e siamo accolti in modo festoso e piacevole. Ci offrono teh e banane, ci accompagnano da una vecchina che sta tessendo un ikat e ci danno da bere un enorme noce di cocco. Offriamo 3000 rp e rientriamo per la strada piu’ agevole e piu’ lunga: altre tre ore di cammino. L’ultimo tratto di sentiero ci da un passaggio un camion. Mandi rinfrescante e cena al losmen. Serata di chiacchiere.

30 luglio - Si parte infine per Lamalera. La strada e’ poco piu’ che un sentiero, appena praticabile. Visto che il furbo autista se ne frega del charter e trasporta altra gente pagante e merci, riduco il prezzo a 160.000. Il paesaggio e’ bello, a tratti arido e poi lussureggiante, con diversi torrentelli che il camion attraversa senza sforzo. Nei villaggi tutti, specie i bambini, ci salutano festosamente e a Ilulorong l’accoglienza e’ addirittura trionfale. 

Fine del passaggio: paghiamo il saldo all’autista, attorniati da nugoli di fanciulli/e e ci avviamo a piedi, zaini in spalla. L’appuntamento con l’autista del camion sarà’ qui mercoledì prossimo, tra tre giorni. I saluti dei bambini sono infiniti. Il sentiero e’ effettivamente praticabile solo a piedi, fino a Ilulorong si potrebbe arrivare anche in moto, guidando con attenzione. Il guru di inglese, incontrato al villaggio, si propone di farci da guida fino a Lamalera. Quasi subito vesciche fastidiose. Facciamo tre soste in due ore e mezza, e’ un po’ dura ma il guru ci aspetta ogni volta molto comprensivo: selamat siang a tutti gli incroci di altri viandanti.


Costeggiato il vulcano e superata un'ultima collina scendiamo fino a Lamalera: il guru ci porta dal kepala desa, Joseph Bataona. Ci accolgono moglie e figlie, occupate a battere il riso nel mortaio, che ci offrono subito teh e banane fritte. Potremo alloggiare da loro le tre notti che resteremo in paese. Ci mostrano la stanza: letto matrimoniale per noi (asse di legno) e singolo per Maurizio (rete e materasso). Sfiga! Le tre notti si annunciano massacranti: si dorme poco e la mattina ci si sveglia come se ci avessero bastonato tutta la notte. Maurizio monta la sua zanzariera e poi andiamo in spiaggia. Le barche sono molto belle.



Tutto il paese e’ riunito in piazza perché e’ la serata d’addio ad un gruppo di ragazzi di Yogyakarta che si sono fermati al villaggio per un mese, studiando usi e costumi locali. Sono studenti di antropologia, sociologia e biologia. Veniamo invitati a partecipare e ci offrono subito succo di palma lontar. Maurizio beve senza discutere, Giancarlo arriva a fatica a meta’, io neanche assaggio. 

Poi ci fermiamo a parlare con quello che sembra essere il coordinatore degli studenti. Veniamo a sapere che e’ ancora in vigore il baratto, gli scambi avvengono durante il mercato del sabato. Si scambiano soprattutto pesce secco e sale con frutta e carne proveniente dai villaggi di montagna. Un pezzo di pesce e’ grande come le dita di una mano e vale 6 banane. Oramai pero’ in piccola parte e’ arrivato a circolare anche il denaro.


E’ in corso un’epidemia di malaria: tre casi in paese e un turista tedesco. Da domani raddoppiamo la dose di Paludrin. Cena dal kepala desa assieme a due ragazzi ospiti e alla sera ci ritroviamo tutti in piazza dove viene offerto cibo e danze. [Laura scrive].


31 luglio Mattinata in spiaggia a fare giochi di società con Maurizio. Scopriamo che c'è una bellissima casetta bianca sulla scogliera che si può affittare per 5000 rp al giorno compresi tre pasti, ma decidiamo di non traslocare perché siamo ospiti a casa del capo. Pranzo con pesce secco e mie goreng: molto scarso! Il pomeriggio dedicato alla visita di Lamalera A, villaggio alto con chiesa, senza prete. A cene stesso cibo ma in minor quantità: siamo alla fame. [Laura scrive].

1 agosto - Maurizio e Giancarlo partono alle 7 con i pescatori. Io resto a salutarli sulla spiaggia perché e’ vietato alle donne andare a pesca. SFIGA! Il mio raffreddore peggiora notevolmente. Torno a casa e rimango a letto tutto il giorno, dormendo o leggendo. Tornano alle 13.30. Hanno preso solo un pesce e hanno visto pescare una manta. Sono tre mesi che al villaggio non viene catturata una balena, tempi duri! Passo il pomeriggio a letto, a cena solo nasi putih e mie goreng. In stanza, di nascosto, mangiamo le ultime banane che ci eravamo portati. [Laura scrive].

1 agosto - Usciamo in mare alle 7 di mattina con la luce del sole limpida e radente. Aiuto a spingere la pesante tena lungo i pochi metri di spiaggia, rotolandola su pochi tronchi sbozzati.

Appena in acqua i sei sette rematori si mettono a pagaiare con brevi colpi ritmati incitati dal capobarca. Ci sono corte pagaie ai due lati della barca, il timone a poppa e un lungo remo manovrato a prua che consente rapidi e precisi spostamenti laterali e aiuta nel mantenere la rotta. 




La nostra barca pesca un grosso mahi mahi che viene subito macellato e suddiviso tra l’equipaggio. La sentina si riempie di sangue. Una tena poco lontana arpiona una grossa manta. Loro sono un po’ piu’ contenti.


Ma nessun cetaceo viene avvistato oggi e i volti dei pescatori di Lamalera sono piu’ scuri della notte che scende.

martedì 2 maggio 2023

L'eclissi d'amore

 L'eclissi di luna, per i balinesi, e’ storia di amore violento non corrisposto. Una passione malsana che porta un gigante malvagio di nome Kala Rau a mangiare Dewi Ratih, la dea della luna, pur di averla tutta per se’. 


Questo Kala Rau, oltre ad essere grosso, tozzo e con una faccia da far spavento, e’ anche molto potente, tanto da superare la prestanza soprannaturale di molti dei. In questo gioco eterno e universale, tra la bella e la bestia, di ricerca spasmodica dell’amore di una fanciulla fino ad arrivare a rapirla – ricordate nel Ramayana Sita rapita dal demone gigante Ravana?- l’astuzia di Kala Rau si scontra con l’ineluttabile supremazia di qualcuno della Trimurti.

Ma andiamo con ordine.

C'era una volta il gigante Kala Rau, il più temibile tra i giganti, che regnava sulla terra a Balidwipa su un popolo di giganti e di umani, con quali pare soddisfacesse spesso la sua fame.

Kala Rau spesso levava di notte gli occhi al cielo, attratto dallo splendido e ammaliante chiarore che avvolgeva il corpo di Dewi Ratih, la dea-luna, per tutti la Venere del pantheon asiatico. 

Ella viveva con gli altri dei nel regno di Wisnuloka, reame celeste precluso a giganti ed umani.

Un po’ alla volta la contemplazione siderea divenne amore appassionato e infine desiderio sfrenato. Ma alla proposta di matrimonio Kala Rau ottenne un solenne e sprezzante rifiuto.

L’amore, di fronte al rifiuto, si trasformo’ nella mente dell’ orrido gigante in qualcosa di malsano. Pur di avere la dea della luna tutta per se’ il demone sfido’ apertamente il consesso degli dei e minacciò di metterlo a ferro e fuoco se non gliela avessero concessa.

Gli Dei e le Dee erano irrequieti e, conoscendo la potenza soprannaturale del gigante, davvero preoccupati. 

Il re di Wisnuloka era Dewa Wisnu. Nel dubbio di una probabile disfatta in una guerra contro il potente Kala Rau, per calmare gli animi di dei e dee decise di distribuire la preziosa tirta amerta (acqua della vita). La sua idea era di impedire agli dei di morire quando Kala Rau avesse attaccato Wisnuloka.

Tuttavia, la conversazione tra gli dei e il piano di Wisnu furono origliati da uno dei giganti, che subito ne riferi’ al suo re Kala Rau. Questi studio’ un folle sotterfugio per ingannare gli invidiati dei, ottenere l’ambita tirta amerta, da loro sprezzantemente controllata e sempre negata ai giganti, e impossessarsi finalmente di Dewi Ratih. “Userò il loro stesso segreto!" disse Kala Rau. Si travesti’ da Dewa Kuwera, in quel momento assente, e si reco’ indisturbato a Wisnuloka, mescolandosi agli altri dei.

Wisnu riunì tutti gli dei e le dee nel palazzo, verso’ l'acqua della vita in una brocca e chiese a tutti di berne a turno solo un sorso. Uno ad uno gli dei bevvero: prima Dewa Iswara, poi Dewa Sambu, Dewa Brahma, Dewa Shiva e Dewa Sangkara. Quando venne il momento di Dewa Kuwera  Wisnu senti’ che c'era qualcosa di strano in quel dio, più grande e più alto del solito e anche alquanto puzzolente. 

Vistosi in pericolo di essere scoperto, il falso Dewa Kuwera salto' la fila e si precipito' a bere a sorsate l'acqua della vita. Dewa Aditya (il sole) e Dewa Candra (la luna, altro nome di Dewi Ratih) si accorsero del travestimento e informarono immediatamente Dewa Wisnu del raggiro. Questi, adirato per l’inganno, lancio’ il suo chakra al collo di Kala Rau con un colpo così potente da spiccargli la testa dal corpo. Il corpo cadde sulla Terra e si trasformo’ in un mortaio per il riso, un lesung. 

Sfortunatamente, Kala Rau aveva gia’ ingoiato l’acqua della vita, che era scesa fino in gola e aveva donato l'immortalità alla sua testa, che pote’ vivere per sempre sebbene fosse già separata dal corpo. Dewa Wisnu, non potendo eliminarla, la scaglio’ infuriato in cielo.

La testa di Kala Rau vaga da allora nel cielo alla ricerca di Dewi Ratih. E quando di tanto in tanto la incontra tenta ancora di afferrarla. Ma non avendo le mani, usa la bocca e lentamente la inghiotte. E cosi’ il bel corpo di Dewi Ratih e’ gradualmente ingoiato da Kala Rau che pero’, non avendo stomaco, non la puo’ trattenere. E cosi’, a poco a poco, la luna - Dewi Ratih - ricompare.


Quando il corpo di Dewi Ratih e’ inghiottito dalla testa di Kala Rau, la Terra di Balidwipa diviene oscura. La gente di Balidwipa ritiene che l'evento sia un'eclissi lunare. Per evitare che il demone si prenda la luna la gente picchia il corpo di Kala Rau, trasformato in  lesung, pensando cosi’ di tormentarlo e fargli sputare la luna, cosa che regolarmente avviene.

Ma la testa di Kala Rau conserva ancora il ricordo di chi svelo’ il suo inganno e, di tanto in tanto quando lo incontra, tenta invano di inghiottire anche Dewa Surya – il sole, senza riuscirci ma causando una temporanea oscurita’ nel mondo, chiamata dai suoi abitanti eclissi di sole.



Nelle leggende popolari giavanesi, quando si verifica un'eclissi, una donna incinta deve alzarsi e fare il bagno per far in modo che i suoi figli non nascano con difetti. Allo stesso modo se una gallina sta covando un uovo, si deve cospargere della cenere intorno ad essa, così facendo i pulcini nasceranno sani.