Kaart van het Eyland Bali (Valentijn, 1726)

venerdì 21 febbraio 2014

Canang sari


Passeggiando per le strade di Bali è facile incontrare una miriade di vassoietti quadrati, appoggiati su un altare, una statua o semplicemente lasciati a terra. Sono i canang sari, piattini votivi fatti a mano, ripieni di fiori, frutta e offerte varie, con appoggiato sopra un bastoncino di incenso che brucia.

Se si passeggia la mattina presto, si incontra ovunque una persona che posa i canang con gesti cerimoniosi e alla fine li spruzza con acqua santa. Se vi chiedete perché i balinesi mettano le loro offerte sotto i grandi alberi o sopra le statue dovete considerare che non sono gli oggetti in sé, ma la potenza degli dei che essi simbolizzano ad essere omaggiati.

Quotidianamente i balinesi dimostrano gratitudine per la presenza del dio in tutte la parti dell’universo in cui noi viviamo.
La parola “canang” deriva da una antica parola giavanese che significa “betel”. Nei tempi remoti, masticare una foglia di betel era una tradizione molto comune e molto importante era offrirlo agli ospiti in segno di rispetto.

La cosa che più colpisce in un canang è la meravigliosa disposizione dei fiori sopra l’intreccio di foglie di cocco. La parte più importante è la presenza del betel altrimenti il canang è considerato incompleto.

Gli elementi necessari per costruire un canang sono:
1    Ceper (vassoio) il vassoio quadrato di circa 15 cm di lato fatto con foglie di cocco giovani. La forma quadrata simbolizza le 4 direzioni dei punti cardinali;
2    Porosan fatto di betel, lime e noce di areca e fermato con un bastoncino di bambù. Il significa spirituale del porosan è simboleggiare la potenza del dio come creatore, bilanciatore e protettore. Questi 3 poteri del dio esistono in ogni creatura dell’universo attraverso i processi di nascita, crescita e morte;
3    Plawa (foglia) la foglia in un canang è un simbolo del silenzio. La tradizione balinese crede che un momento di silenzio debba essere presente in ogni preghiera che essi svolgano. Perciò la foglia è una delle parti principali del canang;
4    Sari (fiore) il significato spirituale dei fiori è la sincerità. Rosso, giallo, blu e porpora sono colori indispensabili: il rosso rappresenta Brama (manifestazione del dio come creatore), il giallo rappresenta Wisnu (manifestazione del dio come conservatore), il blu e il porpora rappresentano Shiva (la manifestazione del dio come equilibratore)
5    Urassari è fatto da 2 pezzi di foglia di cocco giovane piegata in modo da formare il simbolo della croce. La funzione dell’urassari è quella di chiedere al dio di avere sempre pace in terra;
6    Altri materiali come riso crudo (beras), una fetta di banana (pisang) e una fetta di canna da zucchero (tebu) sono messi sopra al vassoio ma sotto i fiori.


Il creare a mano il canang può essere considerato come una forma di creatività e valore artistico necessario a conservare questo importante aspetto della cultura hindu balinese.


Per allestire un canang bisogna prima preparare il vassoio, poi disporre i costituenti del porosan, mettere gli altri materiali sopra, mettere l’urassari, sistemare i fiori: quelli rossi nel lato sud del vassoio, quelli gialli nel lato ovest, quelli blu nel lato nord e quelli porpora nel lato est. Alla fine mettere le fette di foglie di pandano tagliate molto sottili nel mezzo della disposizione dei fiori.
Il canang è pronto!


Per generazioni gli hindu sono stati addestrati fin da piccoli a imparare come si costruisce un canang, purtroppo oggi molti li comperano già preparati perché troppo presi dalle incombenze della vita quotidiana.
(Laura di Chio)

giovedì 20 febbraio 2014

Il gatto che chiama

Il Maneki-Neko (招き猫 - Maneki che chiama - Neko gatto, letteralmente gatto che chiama), è un portafortuna ubiquitario in Indonesia, famoso ormai anche tra gli stranieri. Nasce da una leggenda giapponese che narra di un gatto che, con il cenno della zampina, era riuscito a richiamare l'attenzione di un signore salvandolo da un pericolo imminente.



Molti fanno invece riferimento alla somiglianza tra il gesto del Maneki neko e quello di un gatto che si lava la faccia. Un’antica superstizione giapponese dice che un gatto che si lava la faccia significa che presto arriverà un ospite. Un buon auspicio per negozi e ristoranti.
Il gatto porta-fortuna è sempre rappresentato con una zampa alzata. Sapevate che a seconda di quella che viene sollevata dal Maneki-Neko i significati sono diversi?

Se il gatto alza la zampa destra significa che porta denaro (soprattutto per chi lavora di giorno), invece se alza quella sinistra (per i giapponesi è come una mano più che una zampa) significa che porta qualche cliente (soprattutto per chi lavora di notte).
Se le zampe/mani sono entrambe alzate significa che non porta alcuna fortuna perché con tutte le due mani alzate il gatto non può fare niente.
Invece se le mani alzate sono molto molto alte, si dice che porti fortuna più in là nel tempo.

Inoltre i gatti hanno colori diversi e questo implica significati diversi.
Ecco le principali colorazioni:
Tricolore: il colore di base è bianco, con macchie nere e arancioni disposte a caso. Questa combinazione è considerata particolarmente fausta ed è quella più popolare per i Maneki neko. In Giappone questo colore è chiamato Mi-ke, che significa tre-pellicce (o tri-pelo) e viene probabilmente associato alla sua rarità nei gatti bobtail.
Bianco: indica purezza.
Nero: porta buona salute e tiene lontani gli influssi negativi. 
Rosso: un colore protettivo che tiene lontani gli spiriti maligni e la malattia.
Oro: viene associato con il benessere economico.
Rosa: il colore popolare associato all'amore.
Verde: per i riconoscimenti accademici.

I Maneki neko di solito portano degli accessori al collo, che si pensa risalgano all’usanza delle famiglie benestanti del Periodo Edo di adornare i propri gatti. Sono di solito il collare, un campanello e un bavaglino. Sono inoltre raffigurati con in mano una moneta; di solito una moneta d'oro chiamata koban, usata in Giappone sempre nel Periodo Edo, ovviamente legata al ruolo del gatto nell'attrarre la buona fortuna e le ricchezze. 

Si specula che il Maneki neko sia apparso per la prima volta verso la fine del Periodo Edo (1603-1867), ma alcune testimonianze risalgono al 1876, nel Periodo Meiji, in un articolo di giornale in cui il simbolo viene menzionato. Le vere origini rimangono però ancora incerte.

Raffigurazioni di gatti con la zampa alzata sono da sempre presenti in luoghi di culto e case giapponesi, essendo tali animali ritenuti in generale spiriti saggi e portatori di fortuna. Una delle teorie sulla crescita di popolarità dei Maneki neko vuole che nel Periodo Meiji il governo proibisse l’uso di talismani sessuali, molto popolari in quell’epoca. Con la scomparsa di tali amuleti, i Maneki neko iniziarono a sostituirli all’ingresso dei bordelli prima, negli altri esercizi commerciali poi. 
(Laura di Chio)

mercoledì 12 febbraio 2014

Cronache di poveri amanti

Alle pendici dei monti che formano il Parco Nazionale di Bali Ovest, tra i giganti della foresta vergine, i rari merli bianchi e blu e le famiglie di macachi, si trova un luogo magico e sereno. E’ una tomba, che si crede ospiti i resti di due giovani amanti.

Questa è la storia dell’amore disperato tra il giovane orfano Jaya Prana e la splendente Layon Sari, due innamorati riuniti solo nel loro sepolcro.

Jaya Prana, rimasto orfano da piccolo, fu adottato dal raja di Buleleng. Un giorno il giovane principe confessò al padre la sua intenzione di sposare la bella Layon Sari.



La bellezza soprannaturale della ragazza sconvolse il re, che imbastì il piano perverso di rubare la fidanzata al proprio figlio adottivo e ucciderlo. Gli comandò dunque di recarsi sul mare, a Teluk Terima, a combattere i feroci pirati che infestavano le sue coste.

Folle di gelosia, si accordò col suo primo ministro in modo da far uccidere il proprio figlio adottivo, una volta arrivato a Teluk Terima. E così avvenne, liberando la strada al re nel suo proposito di subentrare al figlio e appropriarsi della giovane.

Loyan Sari venne a conoscenza del piano e appena seppe della morte dell’amato, si precipito a Teluk Terima per reclamarne il cadavere e darne degna sepoltura. Di fronte ai poveri resti, Layon Sari, sconvolta, si uccise, per provare il proprio amore unirsi per sempre al suo adorato.


Il luogo di sepoltura dei due amanti è divenuto uno dei luoghi leggendari più sacri del regno di Buleleng e molti balinesi si fermano ancor oggi al tempio vicino per onorare la coppia e celebrarne l’amore imperituro.

Il luogo, immerso nella foresta e sorvegliato da scimmie sacre, conserva un’intensa atmosfera spirituale.
(assieme a:  EKA JUNI ARTAWAN)

sabato 1 febbraio 2014

Siwaratri, la notte di Shiwa


Siwaratri è un giorno sacro per gli hindu balinesi. E’ un giorno in cui i devoti rivolgono la loro preghiera a Widhi Hyang Wasa / Dio onnipotente, nella sua manifestazione di Sang Hyang Shiva, affinché dia loro forza e supporto per giungere ad un più alto livello di consapevolezza.

L’induismo balinese è essenzialmente shivaismo e Shiwa gioca un ruolo preminente tra le tante manifestazioni del Dio supremo. E’ allo stesso momento colui che crea e colui che pone termine alla vita. E’ il sovrano della luce e delle tenebre, sua consorte è Durga che, nella integrazione con l’animismo indigeno, assume a Bali le forme terribili di Rangda e Calonarang. Espressioni del male considerate ben reali nella società balinese, da blandire perché non eliminabili dalla natura umana.

Il giorno dedicato a Shiwa è quindi un giorno, o meglio una notte, molto importante che segna un percorso di valutazione o introspezione degli atti nel corso degli anni, fino ad una riflessione sul peccato, con l'obiettivo di raggiungere la consapevolezza di sé.

E’ l’occasione di simbolizzazione e di auto-realizzazione nel percorso di ascesa spirituale, al fine di ottenere una 'unificazione' di Shiva, che è l'unione del atman con paramaatman o Dio unico che governa l'universo stesso.

Per i balinesi la consapevolezza che esistono forze antagoniste nell’universo e che solo dalla loro unificazione nasce la realizzazione di sé, è la vera essenza della vita. Da qui l’esigenza che ogni aspetto del dio unico sia celebrato, anche il più oscuro e negativo, per condurre ad una sublimazione superiore.

Non a caso la celebrazione cade la cade sempre la notte antecedente la luna nuova del settimo mese del calendario Saka, o Tilem Sasih Kepitu, di solito in gennaio. E’ anche chiamata la Vigilia della Luna Nuova, o Panglong sasih kapitu. Qui a Bali si crede che sia la notte più scura dell’anno. Volendo, una notte dedicata al signore oscuro.


Comincia prima dell’alba con una serie di preghiere ed offerte al kawiten, il tempietto all'interno del compound famigliare balinese. Poi i devoti iniziano un periodo di 12 ore di silenzio (monabrata), uno di digiuno di 24 ore (upawasa), nell'ambito di un più lungo percorso di 36 ore di meditazione (mejagra). Ognuno di questi momenti rappresenta un modo per entrare in uno stato avanzato di autocoscienza e raggiungere un forte auto-controllo. La fine di ogni periodo è marcata da altre preghiere ed offerte al kawiten.
Gli studenti celebrano a scuola, i membri di ogni banjar nei templi del proprio villaggio.

Una notte per valutare onestamente i propri limiti e debolezze fisiche e spirituali e cercare la strada per un loro superamento.