A
Bali è impossibile non vedere, passando davanti ad un edificio
privato o religioso, le intricate e paurose statue o bassorilievi
che ne fiancheggiano la soglia.
Assieme
alla miriade di altari di ogni foggia e dimensione, sono parte
dell’iconografia esotica e un po’ misteriosa di quest’isola.
Sono la quintessenza della visione perfettamente duale dell’universo:
bene e male, dei e demoni. Onoriamo e compiacciamo anche gli esseri
diabolici e terrifici, meglio ancora chiediamo loro, in qualità di
spiriti tutelari, di proteggere le nostre case e la nostra religione.
In
una terra influenzata da buddisti e indù sin dai primi secoli dopo
Cristo, questi guardiani orrifici e silenziosi, conosciuti
genericamente come dvarapala,
sono uno degli elementi architettonici più comuni.
La
versione balinese è un misto di stile indigeno e motivi ispirati
dall’arte religiosa giavanese Majapahit. La loro funzione è di
proteggere la soglia di ogni edificio e prevenire l’entrata di
influenze maligne. Il loro nome è l’unione di due parole
sanscrite: dvara,
la porta, e pala,
il protettore. In origine a guardia di templi e palazzi, nella Bali
moderna sono in servizio anche davanti a case, uffici, hotel e interi
villaggi.
La
loro forma varia da esseri antropomorfi ad animali selvatici, fino a
dragoni. Più comunemente, come davanti a casa nostra, sono tremendi
guerrieri o giganti dagli occhi sporgenti e i lineamenti volgari, in
posa marziale o con un ginocchio a terra e spesso armati di daga o
bastone da guerra, il gadha.
Quest’arma, in particolare, possiede un forte valore simbolico a
Bali, dove gli eroi semidivini che lo impiagano in battaglia, Hanoman
la scimmia bianca e, soprattutto, Bima,
il gigantesco Ercole indigeno, sono molto popolari.
Il
Dvarapala
Balinese è scolpito nell’arenaria vulcanica, o andesite, o inciso
nel semplice mattone. Oggigiorno si trovano anche in cemento.
I
nobili guerrieri del mito, maestri di gadha
e
oppositori del maligno, attraverso la loro arma d’elezione
infondono al dvarapala
uno spirito altruista e protettivo.
Come
spesso accade nell’iconografia balinese, lo stile può essere molto
personale fino a vestirsi di grottesco. Due delle figure più
comunemente scelte come guardiani delle case, provengono in effetti
da personaggi stravaganti del teatro. Sono Tualen
e Merdah.
I
due sono la metà del quartetto di buffoni chiamato Punakawan,
che comprende anche Sangut e Delem. Questi personaggi rappresentano
quattro comportamenti umani tipici e diversi tra loro e derivano dal
teatro Wayang
giavanese. Sono gli immancabili servitori pagliacci del protagonista
in ogni storia rappresentata. Gli attributi della coppia suggeriscono
perché sono visti come protettori.
Tualen
è sempre presentato come un
carattere pensieroso e contemplativo. Figura semplice e piena di
saggezza. Gli viene naturale predicare la verità, senza paternalismi
e sempre con modestia. L’archetipo
dell’uomo virtuoso.
Merdah,
d'altra parte, è un personaggio audace e sicuro di sé e le sue
azioni suggeriscono che la verità vada perseguita in modo deciso e
sempre virtuoso. Entrambe queste caratteristiche rispecchiano i
valori fondamentali su cui si basa la società balinese, sia nel
passato che in età moderna, e rappresentano pertanto un’iconografia
popolare e molto potente.
Stante
l'amore locale per il wayang
kulit
e per la comicità volgare e popolare a loro associata, non sorprende
vedere questi “buffoni di corte” vestire, in tutta Bali, un ruolo
così importante a protezione e sostegno di una famiglia o un tempio.
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