Gabbiette di infinite forme e colori, popolate di cagnolini, criceti, cavie, vampiri, tortore, mayne, pappagalli, scimmiette, grilli. Su tutto la cacofonia di grida, richiami, trilli, soffi, latrati. E un giorno come un altro al mercato degli uccelli, pasar burung, di Denpasar.
Un avviso ufficiale, apposto all’entrata come una lapide, sancisce il suo status di luogo turistico, obyek wisata: lo decretò il vice-governatore di Bali nell’anno 2000.
Sotto un cielo blu terso, percorso da enormi cumuli candidi, i commercianti attirano i clienti comuni e gli intenditori esponendo i loro pezzi migliori e decantandone l’aspetto integro, i colori nitidi, il canto cristallino, le movenze languide. Come tutti gli orientali, anche i balinesi amano tenere animali in casa, meglio se uccelli abili nel gorgheggio o vestiti di colori particolari. Ma vanno bene anche rettili, pipistrelli e mammiferi dalla pelliccia lucente. L’importante è che siano in gabbia.
Qui un uomo controlla il ventre di un colombo nero e candido, là un gruppetto attornia il venditore di nidiate, infilate tristemente e banalmente dentro sacchetti di carta posati a terra. Per un milione di rupie mi offrono una giovane mayna di appena 8 mesi, che si difende a colpi di becco da una mano che la stringe impietosa.
Trovo incredibili alcune gabbie di bambù che imprigionano grosse volpi volanti, appese a testa in giù, bocca aperta, stremate dal caldo e dal sole cocente. Mi chiedo che sentimento possa suscitare tenere prigionieri in uno spazio così piccolo animali che di giorno sarebbero al riparo nelle fresche fronde di grossi alberi, per volare via liberi di notte, alla ricerca di frutti succulenti.
Là, una coppia di giovani cinesi sceglie un pullo di piccione, in mezzo a tanti altri contenuti in una grossa gabbia, e ne contratta il prezzo: 20.000 rupie, non di più.
Pochi pappagalli sono visibili nelle gabbie, ma le loro penne rosse e verdi, dense di colore, spiccano tra i grigi dominanti e i tenui pastelli delle cocorite.
Il loro muoversi incessante, l’occhieggiare curioso, il cicaleccio stridente e nervoso, contrastano con l’immobilità rovesciata e costretta dei pipistrelli.
La zona dei venditori di nidi è in fondo al vicolo, appartata. Le figure esili dei cercatori di nidi stanno accosciate quasi casualmente, tra motorini parcheggiati, circondate da compratori, compari e semplici curiosi. Pochi sacchetti di carta, chiusi a cartoccio e forati contengono il frutto delle ricerche, meglio delle rapine, nel folto delle foreste di Karangasem.
Luoghi lontani, impervi, aspri, come i volti di coloro che hanno strappato queste nidiate alla loro casa selvatica e sfinite dalla fame.
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