Muri perimetrali verdi, nel senso di svariati verdi diversi combinati assieme come solo degli stanchi imbianchini balinesi, infiacchiti del sole incombente, possono fare.
Avete presente quegli impressionisti che lasciano il segno della pennellata sulla tela, ecco, anche qui gli imbianchini usano una tecnica au plain air per coprire i muri grigi d’intonaco. Larghe pennellate puntano in ogni direzione, l’importante è che la densità del colore sia invariabilmente insufficiente a coprire uniformemente lo sfondo. Se a questa pittura affrettata s’aggiunge un intonaco sbeccato e non riparato o strisce di cemento in rilievo su lunghe crepe irregolari, allora sì che l’opera d’arte si delinea in tutta la sua complessità. Ed ecco spiegati “i” verdi del muro.
Questo è stato il primo contatto visivo con la casa. Un piccolo scrigno immerso nei verdi di alte pareti. Poi il celeste carico della piscina, in stupenda accoppiata coi verdi, chiaramente non voluta. E il bianco della pietra calcarea che contorna quel cielo sott’acqua. Poco oltre le candide mattonelle dei pavimenti e la seriosa tinta crema delle pareti. Tutt’intorno altro verde, chiazzato dei colori vivi delle piante tropicali che popolano il giardino: heliconia, dracena, ibischi, frangipani, bambù.
Eccola, la nostra nuova casa, una tavolozza nelle mani del più spirituale dei pittori. Non potrà che essere dedicata alla dea Saraswati, protettrice d’ogni forma d’arte.
Abbiamo subito ottenuto di allargare le pareti color crema per limitare la prepotenza dei verdi. All’esterno, ora, il muro si presenta cremoso alla vaniglia, e lascia i verdi alla sorpresa di chi entra in giardino. Poi, al verde impressionista sovrapporremo il verde vellutato del ficus rampicante e, chissà, alcune statue bianche dialogheranno col temperamento imperioso della tinta erba della parete di fondo, oltre la piscina.
Palme ancora piccole lasciano intendere future zone d’ombra e il solario in stanghe di legno, che avvolge la piscina, s’accende d’una nota cioccolato al raro sole di gennaio.
Cucina e salotto s’aprono generose sulla piscina e non fatichiamo ad immaginarci stravaccati su un sofà di teak giavanese affaccendati a rimirare con aria sognante statue, acque gorgoglianti e verzura lussureggiante.
I bagni sono in parte all’aperto, come usa qui. Le forti tempeste tropicali, che talvolta battono i cieli invernali di Bali, ci hanno indotto a porre una tettoia per evitare spiacevoli accumuli d’acqua sui pavimenti. Lo scarico unico dell’acqua mena all’aperto, tra la ghiaia della strada. E’ una autostrada per i topi che brameranno visitarci: vorrà dire che metteremo un casello.
Made Mirta, il proprietario, ha nelle mani solo il ricordo dei calli forgiati lavorando nelle risaie che gli appartenevano, ora ben al di sotto delle ville che possiede al loro posto. La stretta è esile, come quella dei nostri contadini, timorosi di far del male a dispiegare tutta la loro potenza muscolare. Le gambe, ancora muscolose, rimandano a quando avanzava con fatica nel fango fino alle ginocchia, spingendo l’aratro dietro al suo bufalo preferito.
Il colmo del tetto ospita una fila ininterrotta di galli in terracotta, in atteggiamento vigile verso il sole che nasce. Spero non cantino ogni mattina tutti assieme.
Sarà uno spasso.
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