Lima padè, è l’abile
cesellatore chiamato ad intagliare su assi, pali, soglie e facciate i motivi decorativi che la
tradizione richiede in ogni casa Ngada.
Prima di iniziare il suo lavoro il lima
padè esegue una serie precisa di rituali. Il giorno di inizio degli intagli
il suo set di ceselli, contenuto entro un pezzo di bambù riempito di riso per
impedirne il libero movimento, viene portato sul luogo da un assistente, che
riceve in cambio dal committente un lattonzolo di maiale.
L’intagliatore
ed i suoi assistenti entrano poi nel
villaggio portando con sé un cesto di riso e un polo. Il pollo viene
legato alla prima tavola di legno che deve essere abbellita. La stessa tavola
viene bagnata col sangue spillato da un orecchio di un maiale, usando uno dei
ceselli. Il maiale è lasciato poi libero e solo allora il lavoro può avere
inizio. Il pollo resterà lì per tutto il tempo, mangiando il riso contenuto nel
cesto.
Le decorazioni
seguono una simmetria orizzontale speculare con, al centro, la soglia o la
porta di ingresso della casa. E’ presente anche un’asimmetria verticale perché
la decorazione a forma di corna di bufalo è intagliata e non ripetuta sopra
l’entrata o sopra il mata raga (luogo
dove sono custoditi gli oggetti sacri). La rappresentazione di animali evoca la
produzione di ricchezza che essi consentono (i monili d’oro defecati e
vomitati) ma anche la presenza di eterni guardiani della sicurezza della casa e
dei suoi affilati (woé). Benessere e
salute emanano da questi compagni di vita che sono parte e fondamento della
comunità. Galli e cavalli sono raffigurati come se abbracciassero la casa, con
le teste rivolte al suo asse centrale, in modo simmetrico. I serpenti chimerici
hanno le teste rivolte all’esterno e proteggono minacciando l’estraneo con
influssi negativi. La loro lingua serpeggia come l’alito infuocato di una drago.
Cani e polli, stavolta ben vivi, difendono
il villaggio con i loro avvertimenti vocianti all’ingresso di un estraneo.
Ogni
casa Ngada lega chi la abita alla
tradizione. Ogni palo, trave o tavola ha un proprio nome e occupa un posto
preciso nella costruzione, secondo regole strettissime. I vari pezzi sono
assemblati facendo attenzione al loro verso, che segue il vettore pu’u-lobo, contrassegnato dai
costruttori per non sbagliarsi. Queste regole parlano al presente da un passato
lontano, quando gli antenati le hanno sviluppate e codificate per trasmetterle
ai discendenti come forte eredità concettuale necessaria alla perpetuazione di
una società stabile.
L’accesso
alla casa, poi, è canalizzato e filtrato. La posizione di ogni componente la
comunità e, all’interno della oné sa’o,
perfettamente codificato, come lo sono le parti architettoniche. Anche gli
animali, nella loro codificazione iconografica, rientrano in questo schema. L’antropologa
Schröter la definisce una “fortezza santificata”. La casa evoca fertilità e
prosperità come fondamento della sua stabilità, è protetta da animali sempre
presenti tra le sue case , antenati incarnati nelle regole e sempre accanto ai
vivi, e decorazioni che rappresentano l’eredità concettuale. E’ come un unico,
multiforme e variopinto, essere vivente.
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