In
occasione di molte delle cerimonie che regolano la vista sociale
delle comunità di Sumba Ovest, grande rilievo viene dato al dialogo
ritualizzato tra viventi e marapu, chiamato LI’i
marapu . Questa sorta di canto battagliero è
affidato a persone speciali, i rato, che tramandano così
un sapere codificato in secoli di tradizioni verbali. E’ una sorta
di ‘libro sacro’ non scritto ma narrato, che affida alla parola
rituale il rapporto stretto che i Sumbanesi hanno con il loro cuore
spirituale e religioso, il marapu.
Il
luogo elettivo del discorso rituale è il natara, sorta
di ombelico spirituale del villaggio, con la grande pietra posta al
centro. Attorno si trovano sparse le tombe megalitiche, i dolmen per
gli antenati e le grandi case di famiglia. I partecipanti lo vivono
come un anello unificante cui tutti appartengono e presenziano per
rivivere e ricordare la tradizione.
Tutti
i consanguinei, matu mata, tenga wiwi, ‘tutti gli occhi
e le labbra’, dovrebbe essere presenti per mostrare il loro
rispetto per i valori tradizionali comuni. Tutti ascoltano la voce
del rato e rispondono "Yawaoh!".
Solo così è possibile iniziare un discorso rituale che sia 'pieno'
e valido per raggiungere gli antenati.
LI’i
marapu si riferisce alle parole
che si collegano i vivi ai morti, ai loro antenati,
e a tutte le forze del mondo invisibile, cui si
riferisce collettivamente come marapu.
Ma li’i ha
anche il senso di promessa: katuku
Ili, 'piantare la parola', si
riferisce al contratto stipulato tra chi chiede ad esempio un
raccolto abbondante o abbondante prole e un marapu specifico cui
è promesso in cambio il sacrificio di un animale, dopo un certo
periodo di tempo. Queste 'parole' sono espresse in un linguaggio
cerimoniale, tenda,
che è composto di formule che utilizzano immagini e metafore.
Ognuna di queste formule, che usa parole e espressioni
sinonime o affini che non sono sempre presenti nella vita di tutti i
giorni, possiede un significato preciso e può essere
utilizzata in diversi contesti. Lo scopo è di aprire un
dialogo tra le persone e il marapu attraverso
un rito articolato e a più fasi.
Chi
effettua il discorso rituale sono i rato o kabani-bani, o 'uomini
di rabbia, che in questo contesto significa non tanto emozione quanto
espressione di autorità e sapienza nell'azione, entrambe
funzioni essenziali per l'ordine sociale. I kabani-bani sono
uomini di alto rango la cui sapienza spirituale in tema
di leadership e di interpretazione dei valori
tradizionali è fuori discussione. Essi sono gli
intermediari tra gli antenati e la vita di ogni
giorno. Conoscono le parole degli antenati, li'i
marapu, sotto forma di migliaia
di coppie di versi recitati a memoria e
rapidamente, ad alta voce e con entusiasmo, in mezzo ad
una folla di ascoltatori silenziosi.
Forse
la caratteristica principale di questo dialogo è che si svolge in
forma di una contesa in cui il marapu 'esige' ciò che
gli spetta: che la tradizione sia seguita, che una promessa
si compia o che la riparazione per una trasgressione sia fatta.
Spesso è a causa di un cattivo presagio (malattia,
morte o incidente) che un rituale si svolge e sono le persone
che devono obbligatoriamente spiegare e giustificare i loro
atti nell'interpretare i segni inviati dal marapu.
Questi segni (tanda)
sono un mezzo fondamentale di comunicazione tra visibile ed
invisibile. Sono la parola del marapu, che
sia favorevole o avversa, in risposta alle parole rivolte loro
dagli uomini. Questi segni quindi generano parole da parte di uomini
che sono accompagnati da musica, canti e balli, a seconda
della solennità del rito, che si conclude sempre con il
sacrificio di un animale la cui interiora o il
fegato vengono esaminate per decifrare i segni inviati
dal marapu.
Così segni, parole e sacrificio sono profondamente legati insieme.
Quando
si deve tenere una cerimonia si attiva tutta una serie
di legami sociali: parenti e consanguinei aiutano
il titolare del rito nella raccolta degli animali necessari
per il sacrificio. Inoltre, è necessario convocare coloro
che si specializzano nella orazione: ata urata, ata
zaizo e ata
woleka - uomini che officiano i
tre tipi di cerimonie che designano diversi gradi del rituale.
Questi livelli successivi nel rito sono simili ai pioli di
una scala che deve essere scalata passo dopo passo - la 'scala
delle parole pronunciate per il marapu', nauta
lei marapu. Urata è
il primo passo, e può essere accompagnato da un semplice sacrificio
di un pollo senza l’accompagnamento di tamburi
e gong. Zaizo è
una celebrazione rituale più elaborata necessario, per esempio,
per richiamare l' 'anima' del riso o l'anima di un uomo colpito da un
fulmine. Le parole rivolte al marapu sono questa
volta accompagnate da un canto e sottolineate dal
battito dei tamburi e gong e da sacrifici animali più
importanti. Woleka è
il passaggio finale in cui i vivi e il marapu sono
`rasserenati '. Si tratta di una cerimonia di
ringraziamento e di omaggio al marapu che ha accordato
la propria benedizione in modo che il padrone di
casa possa 'arrossare il villaggio con il sangue',
dimostrando così di essere un uomo importante, un ata
mboto, 'un uomo di peso'.
Sia
da sola che accompagnata dal suono di tamburi e gong, la
parola è dunque al centro del rituale e la sua efficacia
nell'ottenere l'approvazione del marapu dipende,
in larga parte, dal modo in cui viene eseguita e
pronunciata. Tre concetti importanti sembrano essere
incarnati nel discorso rituale. Il primo è chiamato nggoba,
'coppia, partner' (concepito anche come 'avversario'). Le formule
rituali formano coppie in cui una frase è bilanciata da
un’altra; tamburi e gong sono partner; i viventi e
il marapu sono
partner nel dialogo rituale. Il secondo concetto, legato al
primo, è quello del intermediario: l'officiante, il
cantore, il morto recente, 'permettono al discorso
di passare' da una parte all'altra; essi sono il 'ponte' che unisce
le due sponde del colloquio. Il terzo concetto è quello
di nauta 'scaletta'.
Questo è sicuramente l'immagine di una gerarchia di
importanza data alle varie fasi del rito e della parola
indirizzata al marapu. E’ anche l'immagine di un
approccio passo-passo, di una progressione nel discorso rituale che,
arrivato alla sua conclusione, ha raggiunto il suo obiettivo: gettare
via 'ciò che è caldo' (ambutu
ambangata) e sinonimo di pericolo, e
ricevere 'l'acqua fredda, l'acqua fresca' (we'e
maringi we'e manggabo),
che simbolo di salute e prosperità .
(grazie
a Brigitte Renard-Clamagirard e Elvira Rothe)
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