Kaart van het Eyland Bali (Valentijn, 1726)

martedì 29 novembre 2011

Gli odori della morte

Sono cento gli odori della morte.
Mi avvolgono mentre assisto alle ultime ore terrene di I Gede Mastera.
Proprietario terriero, viaggiatore, conosciuto funzionario pubblico di alto livello. Caro amico e mentore di cari amici.

E’ il momento della  lavanda corporale e mi rendo conto che a Bali la morte ha cento odori.

L’esalazione soffocante del fumo di braci di cocco, usato per purificare l’aria attorno al catafalco.
Il sentore fragrante di nuovo che hanno i sarong e gli asciugamani che sono avvolti attorno al corpo. L’effluvio pungente delle erbe e spezie sparse sopra la salma e le sue vesti.
Il tanfo greve delle sigarette ai chiodi di garofano, accese per calmare il nervosismo e darsi un contegno.
La puzza acre del formolo che preserva le carni durante l’esposizione al saluto e al pianto.
Il lezzo di sudore degli uomini che, vocianti e con una fretta studiata, spostano la salma dal letto e la tengono sollevata durante la vestizione.
Il tenue profumo del fiore di cempaka, agitato dal pemangku nel gesto lieve che benedice.
L’umido afrore della nebbia che accompagna la sera giù dalle pendici del vulcano Batukaru, e avvolge con lembi di pioggia il dolore dei parenti e la presenza attonita degli amici.

A Bali la morte ha un odore, quello delle foglie bagnate dal monsone.

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