Pavimento di ceramica candida, ricoperto di capelli neri. I giovani balinesi affollano le panche di legno del barbiere per essere sostanzialmente privati delle loro chiome corvine folte e dritte, ordinatamente spettinate. Escono rasati a zero e contenti, ringraziando con un timido sorriso e lasciando pochi spiccioli, separati del loro contributo al tappeto di peli che giace a terra, a mo’ di tosatura di pecore. Sotto una delle panche sta il sacchetto di plastica, già mezzo pieno, che raccoglie l’esito della tosatura, una spazzata e via. Senza che mano umana scalzi, dagli angoli del pavimento, una sporcizia che sfida il tempo.
L’ambiente è poco più di un cubicolo aperto sulla strada, con due sedie di metallo che fronteggiano due specchi sbeccati. Al centro della parete, su un semplice ripiano, a portata di mano stanno le due cesoie elettriche e le poche forbici. Il destinato viene avvolto da un sudario blu scuro, di un poliestere lucido, che ha visto molte chiome prima di quest’ultima, scelto a caso tra quelli già usati e appesi ad un gancio. Il pettine a la forbice sono svogliatamente privati dai peli rimasti, con un pezzetto di gommapiuma celestina, che poi sarà usato per ripulire faccia e collo dai pelucchi ribelli.
I due artisti si danno da fare, intenti, con abili colpi di pettine sdentato e piccole dosi di rasoio elettrico. Le mani, sempre sicure, agili quasi, ogni tanto esitano di fronte a capigliature forestiere, magari straordinariamente folte di riccioli anarchici. Solo allora il rasoio, abituato a zazzere ordinate e diritte, come boschetti di bambù, esita impigliandosi in capelli ritorti come una giungla.
L’unico ventilatore funzionante sposta aria calda e ciuffi di peli sottili da una parte all’altra della stanza, inseguendo poche mosche pigre. Chi sta in attesa forma un confine netto tra il riverbero del sole lì fuori e i pochi spazi all’ombra. I giornali locali, sparsi in varie tranche tra le panche e per terra, sparano i loro titoloni “Parla il più famoso collezionista di kris di Bali”, “l’Inter affronta il Parma senza Eto’o”. Una radio suona canzoni melodiche, interrotte solo da notizie sul cambio della rupia. La strada sparge il suo frastuono contenuto, siamo in una via secondaria, a Seminyak. L’atmosfera è silenziosa ma non rilassata e le occhiate nervose si spandono nell’aria calda e ti s’appiccicano addosso. Pochi clienti si lanciano in battute scherzose per stemperare l’attesa del rasoio che, immancabile, taglia con precisione chirurgica i contorni dell’acconciatura finale. Senz’acqua, senza affilatura, su una pelle appena ammorbidita da una spennellata di una saponetta umida e biancastra, intrisa di corti pelini neri. Bianco e nero. Il dualismo balinese (bene-male?) mi insegue anche dentro l’antro del barbiere.
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